Chi furono i primi siciliani?

Guardando la mappa del Mediterraneo è istintivo immaginare che il primo a mettere piede in Sicilia sia stato qualcuno arrivato dal mare. Ma la Sicilia è sempre stata un’isola? Non sempre, ma da quando esiste l’uomo sicuramente si.

Le più antiche testimonianze di presenze umane nell’isola sono del Paleolitico superiore, risalgono a circa 17.000 anni fa quando -secondo gli studi sulle glaciazioni- il livello del mare si trovava circa 120 metri più in basso rispetto all’attuale. L’Europa era quindi più “vicina” all’Africa, ma la Sicilia, pur avendo una superficie maggiore, era sempre isolata dalla terra ferma. E’ probabile che il distacco dalla terra ferma sia avvenuto già 300.000 anni fa, quando il livello del mare era circa 200 metri più basso.

 Gli studi sulle glaciazioni hanno permesso di scoprire che circa 300.000 anni fa, durante la glaciazione di Riss, il livello del Mediterraneo era 200 metri sotto l’attuale ed è ipotizzabile che sia esistito un ponte naturale che ha permesso il passaggio dall’Africa alla Sicilia di grandi mammiferi e, probabilmente, dei primi colonizzatori. I più remoti dati archeologici scientificamente affidabili risalgono comunque a 14.000 anni fa, quando Africa e Sicilia erano nuovamente separati dal mare.

Tutto fa pensare che i primi abitanti della Sicilia siano arrivati per mare. Sicuramente l’ingegno umano arrivò presto a sviluppare l’idea di muoversi sulla superficie dell’acqua. In diversi villaggi preistorici lacustri sono state rinvenute piroghe monossili, imbarcazioni ricavate da grossi tronchi d’albero scavati internamente. Ancora oggi in molti paesi sottosviluppati vengono utilizzate imbarcazioni realizzate con le stesse tecniche preistoriche ed è quindi possibile che tra i nostri più lontani progenitori ci siano stati temerari che le abbiano utilizzate per raggiungere e colonizzare la Sicilia partendo dalla penisola italica o dalla costa africana

Diversi esploratori hanno dimostrato con le loro imprese che già nella preistoria l’uomo era in grado di effettuare anche traversate oceaniche grazie alla capacità di osservazione dei fenomeni della Natura, orientandosi con gli astri ed i venti. Cosa esclude quindi che la Sicilia non sia stata popolata da gente arrivata dopo aver attraversato “brevi” tratti di mare come lo Stretto di Messina o il Canale di Sicilia?

L’uomo è sempre stato affascinato dai misteri della propria storia ma l’archeologia ufficiale pretende riscontri tangibili alle supposizioni. Quello che possiamo dire è che circa 14.000 anni fa la Sicilia inizia ad essere popolata in maniera piuttosto diffusa sopratutto lungo le coste. Non possiamo però dire esattamente se queste tracce appartengano o meno a gente arrivata dal mare. 

Al Museo Geologico Gemmellaro di Palermo è esposto lo scheletro umano più antico ad oggi rinvenuto in Sicilia. Risale a 14.000 anni fa ed è appartenuto ad una donna che gli studiosi hanno chiamato Thea. E’ stato ritrovato nel corso di scavi archeologici effettuati all’interno della Grotta di San Teodoro ad Acquedolci (ME) dove viveva un’intera comunità.
Foto Vincenzo Sottosanti/Archivio LIMEN

Mancano ancora tanti tasselli per ricostruire la preistoria in Sicilia. Nella penisola italica, in Sardegna ed in nord Africa è stata accertata la presenza umana già nel Paleolitico inferiore, cioè 250.000 anni fa; logica vuole che l’uomo si sia spinto fino in Sicilia già allora. Dell’uomo Sapiens sappiamo che è proveniente dall’Africa e che sono state trovate tracce del suo passaggio in Francia. Testimonianze dell’uomo di Neanderthal sono state invece rinvenute ad Altamura, in Puglia, e nella Valle dell’Aniene di Saccopastore, nel Lazio, ed è difficile pensare che non abbia attraversato lo Stretto di Messina.

In Sicilia ci sono tanti indizi che fanno pensare ad una presenza umana nel Paleolitico inferiore. In provincia di Agrigento, ad esempio, abbiamo alcuni rinvenimenti non contestualizzati di “industria su ciottolo” cioè ciottoli artificialmente scheggiati ed utilizzati come strumenti. Sono oggetti che in altri luoghi vengono riferiti al Paleolitico superiore, cioè al periodo dell’uomo Erectus. La tecnica utilizzata per realizzare questi manufatti è molto semplice, sono oggetti che potrebbero essere stati realizzati anche l’altro ieri. Quello che determina il periodo a cui risale l’oggetto è il contesto rinvenimento e quando questo manca, o è stato manomesso, una datazione attendibile è praticamente impossibile. Gli archeologi spesso trovano le stesse tipologie di oggetti in contesti riferibili all’età del Bronzo, all’età del Rame, cioè a periodi diversi l’uno dall’altro ed è il contesto in cui sono stati rinvenuti che determina la loro datazione. Questo è il principio su cui si muove l’archeologia scientifica.

Il mistero dei primi abitanti della Sicilia potrebbe essere svelato dal rinvenimento di un relitto di epoca preistorica. Questo è stato il grande sogno di Sebastiano Tusa, il famoso archeologo subacqueo siciliano scomparso nella sciagura aerea del Boeing 737 Max precipitato in Etiopia il 10 marzo 2019. Le ricerche archeologiche subacquee condotte negli ultimi 50 anni in diverse località del Mediterraneo, di cui Tusa è stato uno dei principali promotori, hanno dimostrato che già in epoca preistorica la navigazione nel Mediterraneo era diffusa, ne è prova l’ossidiana di Pantelleria rinvenuta in Sicilia, nord Africa ed in Francia.

Scoperte archeologiche fatte in Tunisia, Malta e Sicilia dimostrano che nell’Eneolitico, circa 5.000 anni fa, Pantelleria era già un centro d’esportazione d’Ossidiana: un raro vetro vulcanico ricercato nella più lontana antichità per realizzare utensili da taglio particolarmente affilati.

Intorno ad 8.000 anni fa, a partire da quello che i paletnologi chiamano il periodo neolitico, la Sicilia suscita grande interesse per la sua posizione geografica che la colloca come naturale luogo di transito delle rotte che collegano il Mediterraneo orientale con quello occidentale. Un’isola, quella siciliana, che Omero ha voluto far conoscere anche ad Ulisse, il protagonista della sua Odissea. Omero fotografa la situazione politica del Mediterraneo intorno al decimo secolo avanti Cristo. E’ il periodo di passaggio tra la società micenea e le prime colonizzazioni in cui c’è -da parte di alcune società urbane greche- la necessità di esplorare la possibilità di trovare nuovi mercati o di trovare nuove terre da colonizzare. In questo scenario la Sicilia si presenta come una terra predisposta ad essere occupata per le sue fertili pianure costiere ricche d’acqua. Attraeva anche per questioni metafisiche legate alla presenza dell’Etna ed alla spettacolarità delle sue eruzioni che ancora oggi affascinano l’osservatore.

L’opera di Omero è stata sicuramente uno strumento a favore di una politica greca di espansione cha ha fortemente coinvolto la Sicilia. Tra il X e l’VIII sec. a.C. -quando Atene, Corinto e Rodi cominciano ad avere un ruolo primario nell’esportazione marittima- la Sicilia diventa importante, prima come mercato in cui commercializzare mercanzie con la popolazione locale e, in seguito, come terra da colonizzare.

La ricostruzione degli ultimi 3.000 anni di storia siciliana pone meno problemi rispetto ai periodi più lontani. Il fiorente commercio marittimo esercitato da Micenei, Fenici e Greci ha permesso l’esportazione di manufatti orientali rinvenuti dagli archeologi in tutto il Mediterraneo. Gioielli, vasellame ed oggetti ornamentali di ogni genere venivano offerti in cambio di metalli preziosi e materie prime che scarseggiavano nella parte orientale del Mediterraneo.

Ma cosa spinse coraggiosi navigatori ad affrontare l’ignoto pur di trovare nuovi mercati dove piazzare le proprie mercanzie? Le fonti storiche parlano di crisi economiche e di guerre: fenomeni che riportano all’attualità. Ma cosa è cambiato negli ultimi tremila anni? Sostanzialmente nulla. La storia non fa altro che ricordarci che il fenomeno delle migrazioni umane è sempre esistito ed è inarrestabile. Ci saranno sempre masse di persone disposte a rischiare la vita pur di trovare condizioni di vita migliori in terre lontane da quella natia. Una soluzione al fenomeno delle migrazioni umane probabilmente esiste, ma per essere individuata occorre che le comunità ed i governanti dei Paesi destinatari dei flussi migratori recuperino i valori della storia e della memoria che rischiano di essere cancellati dall’eterno presente in cui tende a proiettarci l’era digitale.

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